Democrazie alla prova della guerra. La Costituzione non è un menu à la carte
Le
Costituzioni delle democrazie contemporanee sono frutti dello stesso albero,
che affonda le radici nella coesione post-bellica. Sulla pace cercata e ostinatamente
ricostruita dalle macerie del II° conflitto mondiale si fonda la cultura
costituzionale europea e, più concretamente, la società del benessere economico
e sociale che per oltre settanta anni è stata data per scontata.
La pace è nel DNA del costituzionalismo contemporaneo perché ne costituisce il presupposto e rappresenta alche l’obiettivo condiviso da chi ha ne ha sperimentato l'assenza.
Ora, dopo anni di “guerre” non convenzionali combattute contro il terrorismo o la pandemia, per citare solo gli esempi più eclatanti di uso improprio del termine, ci troviamo di fronte a un conflitto tradizionale, riemerso da capitoli che si pensava fossero chiusi per sempre. Così percossi, attoniti assistiamo alla storia peggiore che si ripete e alle divise che occupano pagine e palinsesti per orientarci nelle strategie di attacco e difesa, quasi rimpiangendo i tempi in cui la logistica militare era al servizio della cittadinanza per ottimizzare il piano vaccinale. Ma anche allora non si stava muti e molti avevano la verità in tasca.
Dal mio punto di vista, un aspetto che accomuna il dibattito sulla pandemia e sul conflitto in atto è una visione spesso parziale e purtroppo strumentale della Costituzione Repubblicana. Per dire, come allora si citava l’art. 32 per rivendicare la libertà di cura trascurando la parte della norma che impone il bilanciamento del diritto individuale con l’interesse collettivo, così adesso si invoca lo spirito pacifista dell’art. 11 che – attenzione - ripudia la guerra «come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» e in questo modo condanna chi sferra l’attacco ai danni di chi subisce.
Il rifiuto chiaro e netto della guerra si inserisce nel contesto più ampio di integrazione internazionale che – sempre ai sensi della Costituzione – è alla base del patto tra le nazioni volto a perseguire la pace e la giustizia. Il rispetto dei diritti umani, della vita e della dignità delle persone non può essere subordinato a un concetto astratto e cinico di pace. La sottoscrizione delle carte sovranazionali e internazionali dei diritti riconosciuti alle persone di ogni età e genere implica una responsabilità e non può lasciare spazio a indulgenza nei confronti di chi si rende colpevole di crimini contro l’umanità.
Personalmente non mi da pace la scena di un bambino in lacrime che, disperato, barcolla da solo in fuga e suo malgrado personifica l’orrore della guerra. Questa come tante altre immagini risulta tanto più intollerabile perché raffigura una vittima non di un fatto ineluttabile ma di un’aggressione volontaria, che in quanto tale andrebbe perseguita. Ma non è per mero spirito altruistico che le democrazie devono prendere posizione, bensì per difendere sé stesse e i principi su cui sono fondate.
Carla Bassu, 18 marzo 2022