Donne in tv nella crisi sanitaria: la rivincita della competenza

All’inizio del 2020, prima che la diffusione del micidiale coronavirus monopolizzasse il dibattito pubblico, si è molto discusso sulla infelice sortita del presentatore di Sanremo che, nell’introdurre la carrellata di figure femminili che lo avrebbero affiancato sul palco ne ha ripetutamente enfatizzato le caratteristiche fisiche (tutte belle, molto belle, bellissime). Il dato estetico è stato quello sottolineato come primo fattore caratterizzante nell’introduzione al pubblico di tutte le compagne di palco di Amadeus («il volto più bello del TG; la giornalista sportiva più bella» etc) e che (amaro) stupore apprendere che in un caso il fattore determinante della scelta, oltre all’avvenenza ça va sans dire, è stata la capacità di stare un passo indietro al proprio celebre e talentuoso compagno. Pur dimensionata in un contesto particolare come quello dello spettacolo nazional popolare (cosa ti aspetti da Sanremo, si è detto con un certo snobismo) questa vicenda ha riacceso i riflettori sulla persistente, inesorabile proposta di un prototipo di donna (bella, molto bella, bellissima) che in quanto rispondente a certi requisiti di appariscenza è ammesso alla ribalta televisiva.

Poi la realtà ha fatto irruzione nei palinsesti televisivi che si sono riempiti di figure autorevoli chiamate a rispondere alla sete di conoscenza di un pubblico ansioso di decodificare il mistero del virus. La competenza è diventato il criterio legittimante la presenza sugli schermi e virologhe e virologi ci hanno aiutato a capire il fenomeno Covid-19 dimostrando (naturalmente) pari autorevolezza. Nessuno si sofferma sul genere di appartenenza o sulle facce più o meno segnate perché tutti siamo intenti ad ascoltare le parole di chi ha cognizione di causa.

È un segnale importante in un ambiente in cui di solito a una varietà di modelli maschili corrisponde un unico modello di donna. Non si può non rilevare che i professionisti in tv sono alti, bassi, magri, cicciottelli, belli, meno belli, riccioluti o stempiati mentre le professioniste, anche le più competenti, sono in larghissima parte accomunate da un aspetto fisico conforme a un tipo predefinito. Il messaggio che si evince è che un uomo per lavorare in TV deve essere bravo e non necessariamente bello mentre una donna deve essere intanto bella e poi magari, in più, anche brava. È difficile che una bravissima che non rientra nello standard di bellezza televisiva riesca a emergere e quando lo fa deve subire una pioggia di commenti avvilenti sul proprio aspetto fisico. Penso alla brillante Geppy Cucciari o ad Antonia Klugmann, chef di grande talento colpita da attacchi violenti rivolti al suo aspetto come mai è accaduto con i suoi colleghi giudici di Masterchef, non proprio degli adoni.

Tutti abbiamo bisogno di modelli cui ispirarci, soprattutto nelle fasi delicate dell’infanzia e dell’adolescenza. È evidente che il bombardamento di modelli standardizzati fin dalla più tenera età ha conseguenze sul parametro di ispirazione a un ideale. Vedere scienziate e scienziati avvicendarsi sui media e confrontarsi alla pari su temi cruciali nella vita di ognuno, come accade tra donne e uomini quotidianamente in tutti i settori, è una novità positiva in un ambiente in cui di solito si presentano modelli vari di uomo e uno solo di donna.

La riduzione a stereotipi comprime oggettivamente lo spazio ispirazionale delle bambine e influenza indirettamente anche quello dei maschi, portati a pensare che il tipo di donna perfetta risponda solo ai caratteri descritti. Ma la crisi sanitaria in atto ha costretto gli studi televisivi ad aprire le porte e ad affacciarsi su un mondo reale popolato di persone competenti, donne e uomini che danno un contributo concreto e significativo alla società e non c’è miglior esempio per i più giovani.

È vero anche che, ben prima che in tv o sui social media, i modelli si acquisiscono a casa, a scuola e nella comunità che ci circonda e qui, fortunatamente, non mancano gli esempi molteplici di donne di valore, affermate in campi diversi (sebbene con le note difficoltà) e belle in modo vario e non standardizzato. La presenza mediatica delle brave accanto (mai dietro) ai bravi è uno tra i pochissimi aspetti positivi che emergono in questa circostanza drammatica, speriamo sia solo l’inizio di una nuova pagina.

Carla Bassu 17 aprile 2020