I vestiti nuovi della Costituzione

 

Quasi un mese fa, il 9 maggio, la Presidente del Consiglio ha convocato le opposizioni per aprire un confronto sulla modifica della forma di governo, dando avvio a una nuova stagione delle riforme costituzionali. Presidenzialismo? Semipresidenzialismo? Premierato? Cancellierato? Quale è il modello più adatto a questa epoca di instabilità non solo metereologica?

Nel panorama del diritto contemporaneo le formule di governo sono tante e pluri-sfaccettate, forgiate da raffinate operazioni di ingegneria costituzionale e limate dall’esperienza dei contesti in cui si applicano adattandosi, come l’acqua, alla forma della realtà istituzionale di riferimento.

Immaginiamo dunque di trovarci di fronte a una gamma variopinta di sistemi, così tanti e attraenti per motivi diversi da risultare disorientanti. Per evitare di essere sovrastati dall’offerta occorre avere intanto chiara l’esigenza che ci porta a optare per un nuovo modello e selezionare con cura in ragione dell’obiettivo che si intende perseguire.

Come quando abbiamo bisogno di un vestito nuovo, per evitare acquisti improvvidi bisogna indirizzare la ricerca sulla base di elementi che solo in parte hanno a che fare con i gusti personali e pensare all’occasione, al clima, alla funzionalità dell’indumento che non deve solo piacerci ma, soprattutto, ci deve stare bene.

I tacchi a spillo sono belli e donanti ma mal si adattano a una passeggiata in montagna. Così l’elezione diretta del capo dell’esecutivo è sulla carta espressione massima di democraticità ma se inserita in determinati contesti rischia di essere controproducente e compromettere l’equilibrio del sistema.

Per prima cosa la riflessione sulle riforme deve essere sottratta alle ideologie e protetta da ogni forma di strumentalizzazione a fini di gradimento politico o elettorale. Una riforma costituzionale non è una medaglia da appuntare sul petto per dimostrare di avere avuto successo laddove altri hanno fallito. La Costituzione si cambia soltanto se la modifica è non solo necessaria bensì indispensabile a risolvere un problema che risulta altrimenti insormontabile.

Lo schema di azione deve seguire un metodo rigoroso: prima l’anamnesi con analisi accurata della situazione generale; poi l’esame obiettivo, con individuazione puntuale delle criticità e solo dopo si può pensare alla terapia, mirata e studiata su misura non esclusivamente in base alla patologia riscontrata ma anche in ragione delle caratteristiche specifiche e delle capacità di reazione dell’ammalato.

Se si procede in questo modo, tenendo bene a mente il quadro clinico del paziente Italia, non si rischia – per esempio - di cedere alle sirene dell’elezione diretta del “capo” perché la storia anche recentissima dimostra che una leadership con legittimazione popolare non è funzionale alla coesione bensì alla destabilizzazione di un sistema di base non pacificato.

Il quadro politico italiano è a dir poco conflittuale e, come dimostrato dall’esperienza comparata (Stati Uniti, Brasile per citare alcuni esempi), il presidenzialismo ha effetti divisivi e non quieta ma accentua la polarizzazione, incidendo in senso negativo sulla stabilità che risulta l’obiettivo primario per il nostro Paese. Ancora, l’elezione diretta del Capo dello Stato o del Governo incide inevitabilmente sulla figura del Presidente della Repubblica, che sarebbe ridimensionata nel ruolo di garanzia dimostratosi prezioso nei, non rari, momenti di crisi.

Intervenire sul meccanismo di legittimazione dell’esecutivo comporterebbe inoltre un’ampia riponderazione degli strumenti di equilibrio, dei pesi e contrappesi posti a garanzia del sistema, che dovrebbero essere ripensati in toto. Ciò mal si concilia con una riforma cum grano salis, condotta secondo il criterio del minimo intervento.

Più funzionale al conseguimento degli obiettivi di stabilità dei governi ed efficacia dei processi decisionali sarebbe l’indicazione del/la Presidente del Consiglio nella scheda elettorale, così da ottenere una indicazione vincolante a garanzia di coesione delle coalizioni. Si potrebbe poi intervenire sul rapporto tra Parlamento e Governo, prevedendo una fiducia rivolta nei confronti della persona del/la Presidente del Consiglio, che vedrebbe così ulteriormente rafforzata la sua funzione nell’ambito dell’esecutivo, in un contesto di tipo neo-parlamentare che contempli la sfiducia costruttiva ma anche la possibilità per il/la premier di proporre lo scioglimento anticipato delle Camere in caso di bocciatura di una questione di fiducia, analogamente a quanto previsto in Germania.

Si tratta di correttivi che non irrompono sulla forma di governo, stravolgendola, ma incidono sugli aspetti di maggiore criticità per irrobustire la premiership senza depotenziare Presidente della Repubblica e Parlamento..

Carla Bassu, 30 maggio 2023