Israele, Palestina, terrorismo e democrazia. L’impatto della tragedia di Gaza sulle libertà costituzionali

Dal brutale attacco di Hamas del 7 ottobre scorso cui è seguita la violentissima reazione israeliana, molte piazze in tutto il mondo si sono riempite di manifestazioni filo-palestinesi che in Francia sono state vietate per pericolo di incitamento all’odio, mentre la Germania ha annunciato espulsioni rapide e stop alle naturalizzazioni per stranieri che hanno espresso sostegno all’organizzazione terroristica palestinese.

Ecco il terrorismo che fa il suo mestiere, esercitando pressione sulle democrazie per costringerle a comprimere fino a negare i pilastri su cui si fonda, a partire dalla garanzia delle libertà individuali.

Il bilanciamento tra tutela dei diritti individuali ed esigenze di sicurezza rappresenta un obiettivo primario per gli ordinamenti democratici, che sono chiamati a rispondere alle minacce del terrorismo senza compromettere il regime di libertà costituzionalmente garantite. È una sfida impegnativa anche perché si manifesta in uno scontro impari, dal momento che gli ordinamenti democratici, nel configurare lo strumentario finalizzato al contrasto del terrorismo, devono prestare attenzione a non ledere gli architravi della struttura costituzionale rappresentati dai diritti individuali. Le libertà fondamentali sono messe sotto pressione nella dinamica delle priorità di una democrazia che deve riuscire nella missione di assicurare la pubblica sicurezza nel rispetto delle prerogative dei singoli.

Il punto di equilibrio tra esigenze di sicurezza e tutela dei diritti si presenta come lo Shangri La del costituzionalismo almeno da quando, con gli attacchi dell’11 settembre 2001, il terrorismo internazionale ha frantumato il senso di inviolabilità del governo e del popolo americano, facendo nel contempo irruzione negli incubi di chiunque aderisca al modello di civiltà occidentale. Missione compiuta dunque per i terroristi, che hanno avuto successo nel loro obiettivo di seminare il panico e, in una escalation di attentati che purtroppo non ha visto finora soluzione di continuità, fino alle vicende drammatiche di questi giorni, hanno costretto gli ordinamenti ad adottare misure incidenti in senso restrittivo sulle libertà individuali.

Nel contesto della lotta al terrorismo, il contrasto alla diffusione di contenuti che istigano alla violenza assume una valenza particolare e spinge a riflettere sulla possibilità di porre limiti alla libertà di manifestazione del pensiero, giustificati dalla necessità di preservare la sicurezza pubblica.

Nello strumentario di cui le democrazie si sono dotate per combattere i fenomeni di matrice terroristica rilevano misure che incidono sul regime di libertà di espressione, nel caso in cui vengano espressi messaggi d’odio o divulgati materiali terroristici. Quale è il confine tra legittima manifestazione del proprio pensiero e diffusione di contenuti più che offensivi eversivi e potenzialmente pericolosi per la pubblica sicurezza?

L’obiettivo è bilanciare attentamente gli interessi coinvolti, perseguendo la sicurezza collettiva senza incidere sulle libertà che rappresentano il cuore pulsante e il tesoro del costituzionalismo moderno. È un fine oltremodo ambizioso e difficilissimo perché, tra gli altri, incombe il pericolo della strumentalizzazione. Il rischio è che con lo scopo dichiarato di proteggere dal terrorismo si regolino situazioni politiche delicatissime ma non emergenziali, bensì strutturali per le società contemporanee, come la questione migratoria, che merita una riflessione mirata.

Carla Bassu, 27 ottobre 2023