L’agenda del governo che verrà dipende da noi  

Dopo il repentino scioglimento delle Camere e l’annuncio di elezioni anticipate siamo chiamati a votare in autunno, per la prima volta nell’Italia Repubblicana, al termine di una campagna che si preannuncia rovente sotto tutti i punti di vista. Si parla di alleanze da formarsi sulla base della condivisione di una “agenda”, termine dal dolce richiamo latino che nel contesto attuale si dovrebbe tradurre con un più prosaico e fuori moda “programma politico”. Di questo infatti si tratta: le forze partitiche che dialogano per definire coalizioni più o meno elettorali lo fanno sulla base di obiettivi concreti che si intende realizzare qualora si conquisti la maggioranza parlamentare utile a sostenere un governo.

Che si chiami “Draghi”, “Meloni”, “sociale”, “europeista”, “sovranista”, “populista”; che sia verde, rossa, azzurra o gialla qualsiasi agenda politica sottoposta al giudizio elettorale dovrebbe contenere punti precisi, chiari, di immediata comprensione per i cittadini e le cittadine che sulla base di questi elementi dovrebbero effettuare una scelta ponderata. La predeterminazione del programma politico, sottoscritto dalle forze che si presentano congiunte alle elezioni, consente non solo l’espressione di un voto consapevole, ma pone anche i cardini per il richiamo alla coerenza nel corso del mandato. Soprattutto, è sulla base delle linee guida e degli obiettivi stabiliti in sede programmatica che in corso e a fine legislatura si può verificare e valutare l’operato di chi si impegna a traghettare il Paese in una direzione o in un’altra.

È la responsabilità politica, baby, ed è il valore aggiunto della democrazia: inestimabile.

In questa particolare fase storico politica un programma di governo dovrebbe avere un contenuto necessario. Nello specifico, per esprimere una preferenza penso si debba aver chiara la posizione dei diversi schieramenti in merito ad alcuni aspetti imprescindibili,

1)   Diritti civili e sociali: ampliare la sfera dei diritti individuali? SI o NO, come e quanto?

2)   Transizione ecologica e impegno green? SI o NO, come e quanto?

3)   Scenario internazionale: atlantisti? Putinisti? Pacifisti senza se e senza ma?

4)   Politiche sociali e del lavoro: assistenzialisti? Quali strumenti per promuovere l’impiego e adeguare i salari?

5)   Politiche fiscali e visione dello Stato: liberali? Più Welfare per tutti? Liberisti?

La lista naturalmente è personale, flessibile e formulabile a piacere, a seconda delle priorità e delle sensibilità specifiche e forse sarebbe opportuno che ogni elettore ed elettrice compilasse la propria per verificare i punti di convergenza o la distanza degli schieramenti politici in gara. Ancora, sarebbe importante serbare con cura il nostro elenco e dopo le elezioni, nel corso della legislatura, rispolverarlo per osservare l’andamento e, perché no, chiederne conto a chi viene eletto o legittimato a governare. Perché il legame tra rappresentante e rappresentato non si rompe una volta chiusi i seggi ma – al pari del rapporto fiducia tra Parlamento e Governo, che non è solo iniziale ma deve essere conservato come presupposto essenziale alla permanenza in carica dell’esecutivo – dovrebbe resistere ed essere confermato e ravvivato fino alla tornata elettorale successiva.

Questo aspetto a volte tende a essere trascurato per soffermarsi sui doveri e le mancanze degli eletti, ma la responsabilità è anche di chi vota e l’orientamento della nostra democrazia, nel prossimo futuro, senza retorica, dipende soprattutto di chi sceglie.

Carla Bassu, 30 luglio 2022