Leadership carismatiche e sindrome del follower

Il 2024 sarà un anno elettorale: in Italia e nel mondo milioni di persone saranno chiamate a esprimersi per legittimare organi monocratici e collegiali, con funzioni e poteri differenti, secondo le più varie modalità.

Ogni voto depositato liberamente e scientemente in un’urna elettorale è una coccola per un ordinamento democratico, che trova nella sovranità popolare e nel principio di maggioranza legittimazione e regola di azione.

Tuttavia, la vita democratica non si esaurisce certo nel momento elettorale: l’elezione dei soggetti titolari del potere pubblico è uno degli elementi caratterizzanti la democrazia ma di per sé non esaurisce affatto la categoria complessa e sfaccettata di un sistema democratico, che si fonda anche sul rispetto delle minoranze, sulla separazione dei poteri e sulla garanzia dei diritti e delle libertà.

In particolare, in questi tempi in cui si discute di elezioni presidenziali (USA) e di prospettive di premierato (Italia) occorre specificare che democrazia ed elezione diretta non sono la stessa cosa e che non necessariamente la scelta popolare del/la leader è sufficiente a valorizzare il principio democratico. L’elezione diretta della premiership premia il carisma del/la candidato/a; chi conquista il voto popolare, spesso anche oltre gli orientamenti o le ideologie individuali (come dimostrano i casi di governi divisi o coabitazioni nei sistemi presidenziali o semipresidenziali) è il/la leader carismatico/a, capace di attirare, affascinare, ipnotizzare, conquistare le folle. Ebbene, nel nostro Paese, con un panorama politico e partitico strutturalmente frammentato e in questa fase particolarmente polarizzato, a mio parere, il carisma non è la caratteristica più importante in una figura istituzionale chiamata a determinare l’indirizzo politico e rappresentare la locomotiva del governo. Il carisma è evidentemente necessario e determinante ma ci sono altre capacità che sono essenziali in un leader di governo (abilità di mediazione, visione, conciliazione e competenza politica) e che rischiano di essere trascurate o non sufficientemente fatte risaltare con una elezione diretta. Occorrebbe legittimare una maggioranza capace di esprimere una guida affidabile, non eleggere un capo, a prescindere.

Ma per disinnescare l’effetto plebiscitario e scongiurare sindrome del follower che trova humus favorevole in una cittadinanza delusa e disillusa dalla politica intesa come “kasta”, bisogna instaurare un nuovo legame di fiducia tra governati e governanti e investire sui luoghi di incontro e intermediazione delle istanze individuali e pubbliche. Qui entrano in gioco i partiti, creature che negli anni hanno lavorato molto per perdere credibilità e deludere l’elettorato, che ha progressivamente e inesorabilmente penso fiducia. E’ importante restituire dignità ai mediatori del messaggio politico, percepiti diffusamente come luoghi, di gestione del potere fine a sé stesso, di negoziazioni non trasparenti, di “amichettismi” utili per ottenere favori e distribuire poltrone. Occorre ricordare alle persone la vera vocazione dei partiti che sono veicoli di democrazia, previsti dalla Costituzione e indispensabili nella loro funzione di intermediazione e traduzione delle istanze collettive, a maggior ragione in questi tempi di populismo e disintermediazione mediatica. La credibilità dei partiti però può essere riconquistata solo con una assunzione di responsabilità che porti alla introduzione di regole rigorose di trasparenza e democrazia interna che allontanino l’allure clientelare. Una legge, dunque, che finalmente dia attuazione all’art. 49 della Costituzione e nell’attesa codici rigidi di autoregolamentazione su base volontaria che disciplinino in senso democratico la vita interna dei partiti con attenzione alla parità di genere.

Un sistema politico caratterizzato da partiti impegnati a raccogliere e veicolare le esigenze delle persone e di formare classe dirigente competente e capace di creare un legame di affidamento autentico con la comunità, lontano da ogni dinamica clientelare è la base di una democrazia matura. In un contesto simile il/la leader carismatico/a è un plusvalore e non un’unica figura su cui si concentrano le speranze dell’elettorato e i poteri utili a salvare la patria.

Beato il Paese che non ha bisogno di leader carismatici.

Carla Bassu, 30 gennaio 2024