Libertà fondamentali e stato di diritto: i limiti invalicabili di una democrazia

Tutte le democrazie sono diverse per storia, struttura istituzionale e organizzazione costituzionale ma c’è un insieme di elementi che accomuna i sistemi democratici, caratterizzandoli in quanto tali. Si tratta di un nucleo di principi e valori, sintetizzato nella formula evocativa e preziosa ma sfuggente dello stato di diritto, o rule of law, che rappresenta il denominatore comune e il collante delle democrazie stabilizzate. Tecnicamente, siamo di fronte a un sistema di regole e valori che disciplinano l’esercizio del potere pubblico e costituiscono la base imprescindibile per ogni ordinamento che si riconosca nella formula costituzionale democratico-liberale. Principio di legalità; separazione dei poteri; indipendenza dei giudici; riconoscimento dei diritti individuali sono i pilastri dello stato di diritto, le colonne che tengono in piedi ogni edificio democratico e che, per questo, devono essere presidiate e salvaguardate perché la loro solidità garantisce la base stabile di ogni democrazia.

C’è un contenuto essenziale dello stato di diritto che in quanto tale deve essere presidiato e protetto da smussamenti ed erosioni che possono comprometterne la pienezza. Il nucleo minimo della democrazia corrisponde a un limite che non può essere oltrepassato a meno di accettare di compiere un passo indietro nel percorso del costituzionalismo liberale. Non esiste uno stato di diritto à la carte e il complesso delicato di principi, valori, pesi e contrappesi propri del costituzionalismo deve essere applicato e rispettato nel suo insieme per dare vita e forma a un modello di democrazia sostanziale. Nel “pacchetto base” della democrazia i diritti delle persone sono l’anima più profonda, il fulcro del patrimonio costituzionale democratico da cui si innerva l’impianto istituzionale vocato al riconoscimento, alla salvaguardia e al rispetto delle libertà individuali e collettive. È doveroso presidiare i diritti e assicurare il mantenimento dell’equilibrio che può essere garantito solo dal bilanciamento di prerogative e interessi frutto di una ponderazione rigorosa e attenta a conservare intatta l’integrità democratica.

Il panorama comparato offre diversi esempi di esperienze in cui il processo di transizione verso un modello costituzionale liberal democratico si è interrotto o è regredito, dando vita a forme di democrazia incompiuta o “illiberale”. La tesi che si sostiene in questo libro è che anche le cosiddette democrazie consolidate non siano al riparo da ipotesi di regressione costituzionale i cui primi sintomi si manifestano nella riconsiderazione in senso restrittivo dei diritti individuali e in uno sbilanciamento dell’equilibrio tra poteri pubblici.

L’analisi in prospettiva comparata di casi concreti mette in luce l’esistenza di un parallelismo tra la riconsiderazione dei principi del costituzionalismo liberale – a partire dai diritti fondamentali – e la crisi della fiducia nei meccanismi tradizionali della democrazia rappresentativa, che si traduce in un marcato astensionismo elettorale e corrisponde a un affidamento fideistico verso figure di leader carismatici sovranisti. Questa tendenza è favorita dalla manipolazione strumentale delle informazioni e dalla disintermediazione mediatica consentita dall’imperare dei social media, diventati il principale veicolo di comunicazione politica.

Per preservare la democrazia scongiurando la possibilità di regressione costituzionale occorre intervenire per ripristinare il legame di fiducia tra cittadinanza e classe decidente, procedendo a una alfabetizzazione democratica che consegni alle persone gli strumenti per decodificare informazioni e messaggi politici e trasmettere le proprie istanze in modo trasparente. Occorre perfezionare nuove forme di partecipazione, coerenti con l’attuale società digitalizzata, che sappiano sfruttare e non si lascino sovrastare dalle potenzialità della tecnologia, che è una risorsa inestimabile ma deve essere soggetta a regole attente. A ciò si deve associare una rivitalizzazione del ruolo dei canali di mediazione politica, partiti e movimenti – più o meno tradizionali – che da tempo non sembrano in grado di raccogliere e veicolare le esigenze della collettività e hanno alimentato la delusione diffusa alla base dell’astensionismo.

 Carla Bassu, 28 settembre 2024