Lobbismo e democrazia

La rappresentanza di interessi plurali nei circuiti decisionali è un aspetto fisiologico della democrazia. Stabilire riferimenti chiari per regolare il dialogo tra portatori di interessi privati e decisore pubblico è un modo per potenziare il circuito democratico che purtroppo al momento è a rischio di impasse. Tra le ragioni della crisi profonda in cui versa la fiducia nelle istituzioni e, più in generale, nella democrazia, vi è anche l’assenza di trasparenza nella dinamica dei rapporti tra privati e pubblico.

Il punto di partenza per una riflessione in materia di lobbying è che la rappresentanza di interessi è un fenomeno più che legittimo e fisiologico nell’ambito di un ordinamento democratico, in cui il decisore pubblico deve essere in condizioni di conoscere e tenere conto delle esigenze specifiche della molteplicità di categorie che necessariamente compongono il quadro di un ordinamento pluralista.

La parola chiave attorno alla quale dovrebbe costruirsi l’impianto di regole per la rappresentanza di interessi è trasparenza.

Nel formulare una normativa di settore occorre riflettere su quale modello si ritiene più adatto alla specificità italiana e più utile a soddisfare le esigenze degli attori presenti nel nostro Paese e nel pensare a un modello da importare, in toto o in parte, o anche da creare ex novo non si può trascurare il dato culturale e di cultura costituzionale che inevitabilmente influenza il funzionamento del sistema segnandone l’efficacia o meno.

Occorre una normativa essenziale, basata su un sistema premiale che imponga la trasparenza ma definisca nel contempo un sistema di incentivi che valorizzi l’emersione delle relazioni tra privati e pubblico le quali, si ribadisce, sono legittime e funzionali al buon andamento della democrazia. Investire dunque su una logica premiale ed equilibrata rispetto agli oneri e agli obblighi imposti ai portatori di interessi privati e ai titolari di incarichi pubblici. Sarebbe un approccio in controtendenza rispetto a quello attuale impostato su una chiave sostanzialmente sanzionatoria. Il sistema italiano attualmente prevede infatti regole dedicate alla fase patologica della pressione indebita esercitata dai privati sul processo di decisione pubblica.

Questo porta erroneamente a distorcere il concetto di lobbying portando a identificarlo con un fenomeno patologico, con un processo di generalizzazione ingiusto. Sarebbe bene chiarire la fattispecie della rappresentanza di interessi in senso positivo, nella sua dimensione fisiologica di strumentalità rispetto alla efficacia del meccanismo democratico.

La scelta più opportuna è dunque una normativa lineare, incentrata sulla trasparenza che si accompagni però con una campagna di comunicazione che metta in luce il valore che l’attività di lobbying esercita nell’interesse collettivo, non solo rispetto a esigenze private. Affinché sia possibile cogliere e apprezzare il valore di utilità generale che l’attività di lobbying esercita nel contesto democratico è indispensabile che l’azione di rappresentanza di interessi sia resa limpida e aperta, con regole chiare e stringenti.  Sarebbe necessaria una vera e propria campagna di educazione alla trasparenza.