Nemico interno: il patrimonio costituzionale europeo alla prova
La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito ieri che la sezione disciplinare per i giudici, istituita presso la Corte suprema polacca con una controversa riforma promossa dal governo a guida nazionalista, non è conforme al diritto Ue. Contestualmente, la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione contro la Polonia per la questione dei comuni “LGBTQ free”, che si affianca all’alzata di scudi contro la legge ungherese giudicata discriminatoria per le persone omosessuali e dunque contraria ai principi cardine dell’Unione.
Quelli appena citati sono solo gli esempi più recenti delle frizioni che da tempo interessano l’Europa e che lasciano intendere una (preoccupante, a parere di chi scrive) disomogeneità rispetto al patrimonio costituzionale condiviso almeno dagli Stati membri Ue. Principio di legalità, separazione dei poteri, indipendenza dei giudici, riconoscimento dei diritti individuali sono contenuto indispensabile del cosiddetto rule of law, sistema di regole e valori parte della cultura, non solo dell’impianto giuridico degli ordinamenti del vecchio continente.
La Commissione europea qualche anno fa ha definito il rule of law come «il modello organizzativo predominante del diritto costituzionale moderno e delle organizzazioni internazionali per disciplinare l’esercizio dei pubblici poteri», riaffermando l’importanza di predisporre un quadro comune europeo volto a garantirne una tutela efficace e coerente in tutti gli Stati membri, affrontando e risolvendo le situazioni di minaccia sistemica.
Eppure sappiamo che la situazione in Europa, con riferimento alla configurazione e al rispetto dei principi e valori giuridici fondamentali, è tutt’altro che omogenea e priva di contraddizioni.
Cosa accade quando le minacce allo Stato di diritto vengono dall’interno? Quando viene messa in discussione la tutela dei diritti fondamentali, la separazione dei poteri, il rapporto equilibrato tra individuo e Stato? Quali sono le manifestazioni concrete di un rischio reale per l’integrità del rule of law? In che modo tale rischio può essere riconosciuto e combattuto in seno alle organizzazioni europee?
Anche in Europa si assiste a maggioranze che ottengono il potere secondo meccanismi propri della democrazia, conquistando il consenso in elezioni libere e tendono – nel corso del loro mandato - a mettere in atto meccanismi volti a conservarlo in spregio delle regole democratiche. Ciò attraverso provvedimenti determinanti la restrizione di diritti quali la libertà di espressione ma anche la libertà di scelta e autodeterminazione di alcune categorie di persone (penso, oltre ai casi citati in premessa alle norme polacche in tema di aborto, votate dalla maggioranza del Parlamento e bloccate dalla Corte Costituzionale che ancora funziona da baluardo dello Stato di diritto). Evidenti sono in alcuni casi anche le tensioni rispetto al principio di separazione dei poteri con dilatazione dell’influenza del governo a scapito del parlamento e le pressioni sulla magistratura che incidono sull’indipendenza del potere giudiziario.
In generale, tutte le azioni messe in atto da quelle che diffusamente vengono indicate come “democrazie illiberali” si traducono in attacchi al pluralismo e sono volte a un orientamento della società verso standard comuni che si aspira a ottenere tramite interventi sempre più pregnanti nella sfera individuale dei singoli, che si pongono in contrasto con la posizione assunta dal potere pubblico nell’ambito di una forma di Stato di impostazione liberale.
Ma quale dovrebbe essere la reazione opportuna e auspicabile da parte delle democrazie che, con i loro difetti, rispondono pienamente al parametro del rule of law rispetto a fenomeni di regressione costituzionale o, comunque a manifestazioni illiberali in atto in ordinamenti parte della Unione sovranazionale europea? Bene i richiami all’ordine ma quale è il limite superato il quale la desinenza “exit” applicata Paese che calpesta principi e valori è un destino inesorabile?
Formalmente i trattati parlano chiaro, tracciando una linea non superabile da parte di un ordinamento che intende essere parte dell’Ue, ma la realtà dei fatti mostra quanto sia difficile non limitarsi a prendere atto di un degrado democratico e agire di conseguenza, soprattutto quando le divergenze rispetto al senso di principi cruciali quali eguaglianza, pluralismo, dignità, libertà sono nette anche entro i confini nazionali.
Carla Bassu, 16 luglio 2021