Stato e Regioni alla prova della pandemia. Serve coesione per superare la crisi

 

Il rapporto tra Stato Regioni già dalle primissime fasi della pandemia si è manifestato all’insegna della conflittualità. La gestione dell'emergenza sanitaria ha messo in luce alcuni nervi scoperti tra cui criticità nel modello di riparto di competenze tra livelli di governo, così come definite dopo la riforma del 2001. È il segreto di Pulcinella, tra gli addetti ai lavori ma non solo, che il sistema di allocazione delle funzioni normative secondo lo schema tripartito di cui all’art. 117 abbia talora complicato più che semplificare la dinamica dei rapporti tra centro e periferia e la dimostrazione lampante è data dall’abnorme contenzioso accumulato di fronte alla Corte Costituzionale con riguardo ai conflitti di competenza.

Quel che è certo, a mio parere, è che i mesi di pandemia hanno esacerbato la carenza di dialogo e cooperazione tra il decisore nazionale e regionale, come emerso in modo potente grazie alla cassa di risonanza mediatica che ha diffuso messaggi in odore di strumentalizzazione politica, a scapito di un principio fondamentale che è quello che dovrebbe ispirare i rapporti tra enti di governo e che invece è stato trascurato. Tra le vittime del Covid-19 dobbiamo infatti annoverare il principio di leale collaborazione. Le conferenze intergovernative e in generale le sedi elette di dialogo e concertazione si sono rivelate inefficaci perché i confronti, vivaci e il più delle volte oppositivi tra rappresentanti del governo centrale e delle regioni si sono svolti pubblicamente a suon di provvedimenti talora provocatori.

Ebbene a mio parere - sul fronte della pandemia, rispetto alla dinamica del rapporto tra Stato Regioni, più che un confronto tecnico costituzionale si è combattuta – e si sta combattendo - una battaglia politica. Nella mia esperienza di osservatrice delle vicende istituzionali ho capito una cosa: non esistono bacchette magiche. Quando ho cominciato ad affacciarmi allo studio del diritto costituzionale si era in piena fase di entusiasmo per il “federalismo” all’italiana del nuovo Titolo V: il decentramento delle funzioni, il potenziamento dell’autonomia regionale (che poi le riforme abbiano davvero prodotto un cambiamento in questo senso è tutto da discutere ma il rafforzamento dei territori era l’obiettivo dichiarato) venivano viste come soluzioni a tutti i problemi di inefficienza e malgoverno, d’altra parte la centralizzazione rappresentava il maligno.

Oggi si parla di nuovo del pieno accentramento come dell’unico modo per mettere ordine nel caos vaccinale e, in generale, della gestione della pandemia. Probabilmente è così ma più che a una questione di regole costituzionali attribuisco il problema a una carenza di leale cooperazione. Anche nella gestione della pandemia è ingiusto che si faccia di tutta l’erba un fascio perché ci sono esempi di Regioni virtuose che si sono comportate bene, dimostrando di sapere mettere a frutto le competenze riconosciute dalla Costituzione nel frangente della tutela della salute e non solo, penso per esempio alla Regione Lazio che si è ispirata al caso israeliano e ha condotto una campagna vaccinale razionale ed efficace. Perché dunque, mi chiedo, non valorizzare questa esperienza virtuosa e indicarla come parametro valido per l’intero territorio?

Il decentramento nell’esercizio di determinate funzioni non è casuale ma determinato dalla consapevolezza che gli attori locali conoscono meglio le specificità del territorio e dovrebbero dunque essere capaci di agire con provvedimenti mirati e studiati nel rispetto della sfera di competenza delineata costituzionalmente.

Ciò cui si assiste è invece spesso un rimbalzo di responsabilità tra centro e periferia sistematicamente condotto pubblicamente e prontamente rilanciato sui media grazie a conferenze stampa continue e che assumono sempre più spesso la forma di comizi rivolti a un target politico.

Ben venga, dunque, l’accentramento delle decisioni in capo al governo centrale con riguardo alla pandemia, nel rispetto di quanto chiarito dalla Consulta (sent. 37/2021) sulla competenza esclusiva statale in materia di profilassi internazionale ma rimettere in discussione tutto il sistema delle competenze mi sembra eccessivo soprattutto perché - ribadisco – più che un problema di regole ravvedo una (enorme) questione di assunzione di responsabilità, o meglio mancata assunzione di responsabilità politica.