Il Parlamento è in crisi – nessuno lo può negare - è il segreto di Pulcinella, ormai quasi una frase da ascensore, un po’ come dire “non ci sono più le mezze stagioni”. Un Parlamento così inefficiente tradisce il proprio mandato - a prescindere dalla buona volontà dei deputati e dei senatori che spesso sono frustrati dal percepire i limiti alla incisività della loro azione derivanti da problemi strutturali e dalla pervasività dell’esecutivo. Un Parlamento grande non è necessariamente un Parlamento forte, né automaticamente più garantista e forte rispetto alla pressione dell’Esecutivo. Quello che serve non è un Parlamento grande, né un Parlamento complesso, articolato. Ciò di cui il Paese ha bisogno, con necessità e urgenza, è un Parlamento rappresentativo: un luogo che corrisponda nella sostanza ai requisiti che le madri e i padri costituenti hanno pensato con grande ponderazione e cognizione di causa. Occorre, in sintesi, un Parlamento che risponda alla funzione per cui nasce: rappresentare, legiferare, controllare, concorrere a determinare l’indirizzo politico. La domanda da porsi nel momento in cui si riflette sulla condizione del Parlamento oggi è se l’istituzione è adeguata alle esigenze e alle caratteristiche dell’impianto istituzionale e alla società in cui è inserito. Nel riflettere sulla natura e sul destino del Parlamento non si può fare a meno di considerare la genesi, le ragioni che hanno portato a pensare a questa formula che riflette il “complesso del tiranno” e non risponde più alle esigenze della realtà istituzionale e sociale. Nella Costituente italiana, come è noto, prevalse il bicameralismo perfetto ma non si può dire che sia stata una scelta fortemente voluta, frutto di una precisa determinazione politica né di una opzione ponderata e condivisa tra le diverse anime costituenti. Si trattò invece di una scelta dettata dall’esigenza di uscire dall’impasse di veti incrociati sul tema, tanto da indurre lo stesso Meuccio Ruini a considerare il bicameralismo il «tema più discusso e tormentato della Costituzione». Si ricorda, infatti, che le forze di sinistra erano tendenzialmente propense per la soluzione monocamerale, per ragioni ideologiche e culturali, sia per ragioni funzionali. Nel corso degli anni Settanta la questione monocamerale riaffiorò nel dibattito politico per iniziativa del partito comunista e nel1983, Enrico Berlinguer, aprendo il XVI Congresso, schierò tutto il partito a sostegno di «proposte più decisamente innovative come quella del superamento del bicameralismo. C’è da dire che Pietro Ingrao sin dagli anni Sessanta e successivamente in un saggio pubblicato su Democrazia e diritto, aveva posto con nettezza «la questione del bicameralismo come punto essenziale che va affrontato e che richiede (…) riforme». Perché «così com’è, così come ha funzionato e funziona, il bicameralismo è uno dei punti confusi e contraddittori del sistema costituzionale italiano». A metà degli anni Ottanta, a ridosso dell’istituzione della Commissione Bozzi (1984), la soluzione monocamerale approdò di nuovo in Parlamento con una proposta di legge di Gianni Ferrara. A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta il dibattito sulla riforma del bicameralismo si arenò, come dimostra l’esito deludente della commissione Bozzi. Un’analisi in prospettiva comparata consente di individuare elementi che mettono in relazione la presenza di un modello parlamentare con la forma di Stato e di governo. In primo luogo, non si riscontrano sistemi parlamentari monocamerali nell’ambito di autentici Stati composti, propriamente federali e Stati regionali o autonomici. Il bicameralismo conserva importanti elementi di forza, soprattutto se si considera la forma di Stato decentrato e la relativa esigenza di rappresentanza centrale delle istanze territoriali che attualmente risulta non efficiente. Per ottenere gli obiettivi di snellimento e potenziamento dell’efficacia nel processo decisionale e nelle funzioni di controllo e bilanciamento dell’esecutivo si potrebbe procedere a introdurre una differenziazione funzionale dei due rami del Parlamento, riservando alla Camera il rapporto fiduciario e conferire al Senato il ruolo di rappresentanza e partecipazione dei territori alle dinamiche che li riguardano. Carla Bassu, 19 aprile 2025